“Un iornu vosi fari lu Signuri nna cullana di perle e di diamanti dicennu: chistu è lu regnu di
l’amuri, lu paradisu di tutti l’amanti….” (Nicola Merlo, cantastorie eoliano)
Diverse sono le impressioni annotate da antichi e moderni viaggiatori che da oltre un
secolo approdano sulle coste di questo incantevole arcipelago e che ne esprimono
perfettamente l’unicità e la magia dei luoghi.
Sette sorelle nate dai vulcani e soffiate da Eolo. E proprio Stromboli viene citata nella
mitologia come dimora del Dio Eolo e lì Odisseo pare abbia incontrato il dio che gli donò
l’otre contenente il vento contrario che lo avrebbe ricondotto a Itaca.
Nota sin dall’antichità per la presenza del suo vulcano viene definita il “Faro del Tirreno” ,
proprio per i suoi bagliori che a intermittenza, sulla rotta da Napoli, illuminano la sua vetta.
Un tempo privilegio di pochi, scoperte dai cineasti negli anni ’50, oggi raggiunte dal
turismo di massa hanno, comunque, mantenuto i caratteri peculiari nel loro aspetto
naturale di profonda insularità, di stratificazione sociale, storica e leggendaria.
La loro storia racconta di floridi commerci. Già alla fine dell’età moderna e nell’Ottocento
Lipari e Salina, principalmente, erano ben popolate e prospere di attività economiche
legate all’agricoltura (produzione ed esportazione di Malvasia, in primis, fichi e capperi) e
all’estrazione di minerali, come zolfo e pomice, abbondanti per l’origine vulcanica. Si
sviluppa anche una certa attività cantieristica per l’esportazione dei prodotti della pesca e
il potenziamento della navigazione a vela tra la Sicilia e i principali porti campani e
calabresi. Grazie alla sua posizione sulla rotta tra la Sicilia e le rotte calabresi e campane,
Stromboli era la più importante e popolata, rispetto alle altre isole più periferiche (Alicudi,
Filicudi e Panarea). Gli abitanti abitavano le tre contrade di San Vincenzo, San Bartolo-
Piscità, e Ginostra, ognuna con una propria chiesa. L’economia era prevalentemente
agricola; grano, vigneti, uliveti, fichi e capperi si estendevano sino alle pendici del vulcano.
Attività che venivano integrate con quelle marinare di pesca e commercio, fabbricazione di
imbarcazioni, impiego di uomini come marinai sia nella flotta locale o come imbarcati su
navigli per tratte di lunga distanza e che determinarono un notevole sviluppo economico e
sociale.
Importante sottolineare che le diverse attività erano basate sull’integrazione di lavoro
femminile e maschile; anzi, spesso il lavoro femminile rappresentava una vera e propria
sostituzione. Dato, sicuramente, riconducibile all’altissimo tasso della popolazione
femminile a causa della mobilità migratoria maschile che, dall’Ottocento in poi, ha dato via
a delle vere e proprie catene migratorie, sino alla costituzione di una consistente comunità
di pescatori in Nuova Zelanda.
Una vera e propria strategia familiare rispetto un progetto economico al cui centro
restavano le isole, ma che prevedeva la mobilità, temporanea o definitiva, dei membri
coinvolti.
Situazione che muta sul finire dell’Ottocento, dapprima, con la realizzazione delle linea
diretta Palermo-Napoli di navigazione a vapore escludendo le isole Eolie dalle rotte, poi a
causa della distruzione dei vitigni infestati dalla fillossera nonché le continue eruzioni dei
vulcani che avevano inasprito le condizioni. Tutto ciò ha provocato un esodo di massa
verso l’America e l’Australia.
Al cinema si deve il merito di averle sottratte all’oblio, quando nel 1946, “i ragazzi della
Panaria Film” (tra i quali ricordiamo il Principe Francesco Alliata, Principe di Villafranca e
Duca di Salaparuta, Pietro Moncada, Principe di Paternò, Quinto di Napoli e Renzo Avanti)
appassionati di fotografia, vi realizzarono il primo documentario della storia del cinema
italiano, con riprese subacquee: Cacciatori sottomarini, presentato a Cannes, Stresa e
Edimburgo. Da lì seguì una lunga produzione che aveva come unico scopo quello di far
conoscere le Isole Eolie, finalizzata esclusivamente alla conoscenza di quello straordinario
mondo al quale appartenevano con orgoglio: la vita degli eoliani, scandita dai suoi ritmi e
dalle sue abitudini, nella straordinaria semplicità e bellezza dei paesaggi, un mondo
assolutamente diverso da quello conosciuto oggi, ma che riviviamo, forse, proprio grazie a
“i ragazzi della Panaria”.
Un capitolo a parte meritano Stromboli – Terra di Dio, di Roberto Rossellini (1949) e
Vulcano di Williem Dieterle (1950) con Anna Magnani, per anni musa dello stesso
Rossellini, con la quale vive una relazione appassionata e burrascosa; la sostituzione della
Magnani nel film Stromboli, con l'attrice svedese Ingrid Bergman (la quale avrebbe
espressamente dichiarato al regista, in una lettera, di voler recitare con lui....non
immaginando che né sarebbe rimasto folgorato da lì a poco, un'attrazione tanto
travolgente da far scoppiare uno scandalo internazionale!!!) diede inizio a quella che viene
definita la “guerra dei vulcani”. Storica, la scenata della Magnani che rovesciò un piatto di
spaghetti sulla testa del regista, davanti ai commensali di un noto ristorante, e che fu
seguita dalla rottura tra i due e l’inizio della convivenza alle Eolie tra Rossellini e la
Bergman. Negli stessi mesi, due film, girati su due isole vicine, Stromboli e Vulcano, in un
clima infuocato di pettegolezzi; furono persino mandate “spie” da un'isola all'altra per
capire i segreti di sceneggiatura e riprese. Alla Bergman, per la sua interpretazione, venne
assegnato il Nastro d'Argento come attrice protagonista e da lì l’inizio di un timido
approccio del primo turismo internazionale.
Negli stessi anni, inoltre, grazie anche alla diffusione di alcune riprese ad opera del
vulcanologo Haroun Tazieff vennero lanciate dalla rivista francese Connaissance du
monde una serie di “croisière des volcans” tra le isole minori.
L’isola, in quegli anni, ha vissuto anche un’interessante parentesi e vivacità culturale,
attraverso la costituzione ad opera della Corda Frates (Associazione universitaria
messinese) di un villaggio internazionale dello studente. A pochi anni dagli orrori della
guerra, favoriti dal magico scenario dell’isola, alle pendici del vulcano, pare che i giovani di
tutto il mondo abbiano riscoperto l’amicizia intorno a un bicchiere di malvasia e intonando
qualche canzone. Era l’inizio di un turismo prevalentemente giovanile e spartano. Piano
piano l’isola inizia ad organizzare una minimale forma di ospitalità e dai 90 turisti del 1953
si passò ai 2000 del 1955, malgrado i problemi di collegamento con la terraferma.
Oggi, la situazione è diversa da quel tempo in cui mancavano le strade, i sentieri, gli
alberghi e i servizi igienici, dove ci si muoveva tra sterpaglie e sabbia nera. Non sono più i
rolli, le grandi barche dei pescatori, a consentire lo sbarco di passeggeri e bagagli. Dopo
oltre mezzo secolo dalle riprese, Stromboli, così come tutte le altre Isole delle Eolie, si
sono trasformate in un luogo ricercato ed esclusivo, ognuno con i propri tratti caratteristici
e le proprie peculiarità (tra l'altro perfettamente descritte da Nanni Moretti in Caro diario).
Di certo, continua ad esserci tanta pace, un mare incredibile, le stelle più lucenti che
altrove e tramonti indimenticabili sulle scogliere di ponente o, più in alto, dove sorge
l’Osservatorio. E ciò che non è veramente mutato è la presenza della sua montagna, Iddu,
maestosa e imponente e che, ogni tanto, si fa sentire. Ma che nessuno teme!